Avevo già sentito parlare del fenomeno degli hikikomori, ma non mi ero mai fatta tante domande. Non mi ero mai chiesta cosa poteva esserci dietro la figura di un ragazzo o una ragazza che non vuole più uscire di casa, che gioca al computer o ai videogiochi in modo compulsivo senza provare piacere per nient’altro. Non mi ero mai nemmeno chiesta se la mia idea di “hikikomori” fosse quella giusta, o stessi sbagliando. Grande errore.
Poi è arrivato “Us” di Michele Cocchi, è arrivata la richiesta di partecipare ad un blog tour in cui avrei potuto concentrarmi sulla parte psicologica di un fenomeno ancora poco studiato, tutto da scoprire, ma di rilevanza sociale fortissima. E quindi ho iniziato a leggere il libro e a fare ricerche online, e i puntini che mi ero formata in questi anni si sono piano piano collegati.
“Us” è un libro della nuova collana Weird Young di Fandango, ma al suo interno ho trovato molto di più di uno young adult: ho trovato un libro piacevole, che scava nel profondo del disagio di un ragazzo fino al punto giusto, senza appesantire il lettore e senza scivoloni o cliché. E già questo merita tanti complimenti.
Tommaso ha 16 anni ed è da 18 mesi chiuso in casa. Grazie all’attenta analisi e all’occhio clinico di Michele Cocchi (non per niente psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza) conosciamo il mondo hikikomori con riguardo, senza traumi o angosce che non ci appartengono. Insomma, riusciamo ad entrare con le pantofole nella stanza di un ragazzino che vive un profondo disagio, ma con tante risorse dalla sua parte che verranno fuori man mano che il libro prende vita.
Ho trovato questa lettura interessante e delicata, con la narrazione di temi così spessi come l’isolamento, l’ansia sociale, il rapporto genitori-figli e l’amicizia, sciolta e leggera come solo chi si occupa di bambini e ragazzi per mestiere sa fare.
Per farvi entrare un po’ di più nel tema vi lascio qualche informazione dal mondo della psicologia sul fenomeno degli hikikomori, sperando di incuriosirvi ancora di più per la lettura del libro, e sul tema trattato. Parlarne e conoscerlo il più possibile è importante.
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” che deriva da hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi). Gli hikikomori vivono rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori, auto-escludendosi e isolandosi, rifiutando ogni forma di relazione, e in certi casi anche la luce del sole (finestre sigillate con carta scura non sono rari da trovare nelle loro case, o escono solo di notte sicuri di non incontrare conoscenti).
È un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni sviluppatosi principalmente in Giappone, ma anche in Italia, l’attenzione per lo studio del fenomeno sta aumentando. Il ragazzo o la ragazza hikikomori, infatti, sembra non essere una “sindrome culturale” giapponese, come si pensava inizialmente, ma un disagio sociale che riguarda tutti i paesi economicamente e tecnologicamente sviluppati.
Ad oggi non è ancora una diagnosi ufficiale del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali 5 (DSM-5) anche se l’intervento richiede la partecipazione di uno/a specialista della salute mentale. Nonostante non esista ancora una definizione ufficiale di hikikomori a livello internazionale e scientifico, il Ministero della Salute giapponese (MHLW) ha stabilito alcune caratteristiche e sintomi specifici riconoscibili:
- Stile di vita limitato all’interno delle mura domestiche;
- Nessun interesse verso attività esterne (come frequentare la scuola o avere un lavoro);
- Persistenza del ritiro sociale non inferiore ai sei mesi;
- Nessuna relazione esterna mantenuta con compagni o colleghi di lavoro, quindi conosciuti precedentemente al loro ritiro.
- Spesso presentano alterazione del ritmo sonno-veglia e il disagio può essere espresso anche attraverso comportamenti aggressivi e scoppi di rabbia.
Uno studio recente ha dimostrato come l’hikikomori sia associato ad un elevato rischio di suicidio. Ovviamente tutti questi sintomi possono variare per intensità e frequenza. Si esclude che il ragazzo o la ragazza sia hikikomori quando è presente un disturbo psichiatrico di maggiore gravità che possa sovrapporsi ai sintomi visibili o altre cause che possano meglio spiegare il ritiro sociale (schizofrenia, ritardo mentale, depressione maggiore etc).
Le cause possono essere diverse, come per esempio caratteriali (inibizione, timidezza…), familiari (disagi familiari, assenza emotiva dei genitori, attaccamento eccessivo alla madre, genitori invadenti…), o scolastiche (rifiuto della scuola, essere vittima di bullismo…). È importante considerare anche il contesto sociale giapponese che può portare a forti difficoltà nel sostenere le regole di perfezionismo legate alla cultura e le pressioni di realizzazione sociale. Tutto ciò insieme sviluppa una crescente demotivazione del soggetto nel confrontarsi con la vita sociale, fino ad un vero e proprio rifiuto della stessa.
Nonostante la gravità della situazione gli studi relativi al fenomeno sono ancora relativamente pochi, in particolare per le culture al di fuori del Giappone, e sicuramente la “natura nascosta” di questi pazienti rende più difficile la programmazione di future ricerche sul fenomeno. Sicuramente è ancora difficile o prematuro definire strategie di intervento chiare e generalizzabili.
Mi sono forse dilungata un po’ troppo, ma ci sarebbe davvero tanto da dire e non potevo stringere di più. Sono temi importanti e hanno bisogno del loro spazio.
Vi piacerebbe sapere qualcosa di più sull’argomento? Leggete i post e gli articoli dei miei compagni e delle mie compagne di blogtour e se volete sapere ancora qualcosa non esitate a contattarci!
Brigitta
Referenze e citazioni
Moretti, S. (2010). Hikikomori. La solitudine degli adolescenti giapponesi. Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza, 4(3), 41-48.
https://www.hikikomoriitalia.it/p/chi-sono-gli-hikikomori.html
https://www.stateofmind.it/tag/hikikomori/
Yong, R., & Nomura, K. (2019). Hikikomori is most associated with interpersonal relationships, followed by suicide risks: a secondary analysis of a national cross-sectional study. Frontiers in psychiatry, 10, 247.
Furlong, A. (2008). The Japanese hikikomori phenomenon: acute social withdrawal among young people. The sociological review, 56(2), 309-325.
Saito, T. (1998). Shakaiteki hikikomori: owaranai shishunki. PHP Kenkyujo.