“In questo libro mi addentro in un crimine. Lo esamino, lo fotografo, lo filmo, lo registro, lo mixo, lo falsifico. Sono un romanziere, mento come un assassino. Non rispetto né i vivi né i morti né la loro reputazione né la morale.”
Non è un romanzo per stomaci sensibili. È un libro incandescente, disturbante, non lascia scampo a chi lo legge. Régis Jauffret ha deciso con questo romanzo/non fiction di indagare su un caso di cronaca recente -la morte di Edouard Stern, banchiere svizzero morto durante un gioco sadomaso. La famiglia del banchiere ha chiesto il ritiro e la distruzione del libro.
I motivi che mi hanno spinto a leggere questo libro sono due: la passione per la letteratura francese e la voglia di conoscere nuovi autori che si dedicano al true-crime. Jauffret m’intrigava dall’uscita di “Cannibali”, quindi ho deciso di affrontarlo e vedere cosa mi avrebbe riservato la sua penna.
È un romanzo postmoderno, infatti, la storia è narrata dall’assassina con numerosi salti temporali.
L’assassina si trova in carcere e racconta il motivo che l’ha portata a uccidere il banchiere. Non è semplice capire le ragioni del delitto perché la narratrice è confusa e turbata dal suo gesto. Dice di non sapere cosa ha fatto, ma, nella sua intimità, sa cosa l’ha portata all’omicidio. È traumatizzata, perciò decide di crearsi delle spiegazioni alternative. Ripercorrendo la vicenda dalla notte dell’omicidio a ritroso fino al primo incontro, la donna racconta come ha conosciuto il banchiere e come si è instaurato il loro legame. Il banchiere è un uomo forte e con un’ossessione per le armi da fuoco. Essendo ricco e in una posizione di potere, pensa che tutto gli sia dovuto e che qualsiasi donna lui voglia debba soddisfare i suoi appetiti sessuali. Una volta vista la nostra protagonista a una festa privata ne è ossessionato. Decide di ottenerla con ogni mezzo, inizia a renderla oggetto di pesanti avances e la costringe ad iniziare con lui un rapporto carnale.
«Non ero tenuta a credere alla mia versione dei fatti. La polizia forse scoprirà che questa storia l’ho davvero inventata. Dimostreranno che al momento del delitto in camera c’erano degli uomini armati.».
Per provare ancora più piacere, lui decide di insegnarle a sparare. Più si spingono avanti nella relazione, più il loro rapporto diventa ossessivo e malato. Lui si sente carnefice e lei vittima, ma la sua fantasia più grande sarebbe diventare egli stesso la vittima. Dovendo gestire molte responsabilità, per una volta, vuole essere lui in potere di un’altra persona. Decidono di addentrarsi nel regno del sadomaso. È il punto di non ritorno.
Lei, come prova d’amore, chiede un milione di dollari. Il banchiere, nonostante sia avido e attaccato ai soldi, sembra accettare, ma riserva una sorpresa. La donna dopo l’omicidio cerca di scappare in Australia, ma, una volta giunta a destinazione, capisce di non poter ricominciare una nuova vita.
È stato uno dei romanzi più disturbanti che io abbia letto nel 2018. Ho ritrovato la voglia, da parte di molti autori francesi, di indagare su fatti di cronaca. Come filone narrativo, mi ha ricordato “L’avversario” di Emmanuel Carrère, anche se Carrère adotta tutt’altro metodo d’indagine. Ho trovato la stessa ossessione scatenante che ha portato entrambi gli scrittori a indagare, con un’opera letteraria, un fatto realmente accaduto.
Lo stile di Jauffret è molto scarno e diretto. I capitoli sono brevi e pervasi di un’inquietudine palpabile che stimola la lettura. Un difetto, a mio avviso, sono alcune metafore un po’ troppo roboanti.
Ho trovato molto interessante la prefazione di Jauffret perché gioca col lettore del romanzo. Afferma, in modo quasi egocentrico, di essere solo e soltanto lui il responsabile della storia e del modo in cui ha narrato la vicenda. Dopo poche righe, dice tutto il contrario. È tutto frutto della sua immaginazione. Così facendo, Jauffret ci domanda fino a dove ciò che leggiamo sia veritiero e dove inizia la finzione. Infatti, nel corso del libro la narratrice afferma di non ricordare bene i fatti. Svia, racconta una versione alternativa, tenta di deresponsabilizzarsi, ma è tutto inutile.
“Nessuno è mai morto in un romanzo. Perché lì nessuno esiste veramente. I personaggi sono pupazzi imbottiti di parole, di spazi, di virgole, la sintassi è la loro pelle. La morte li attraversa da parte a parte, come l’aria, sono immaginari, non sono mai esistiti. Non crediate che questa storia sia reale: l’ho inventata io. “
Se cercate un libro che vi faccia tenere col fiato sospeso per tutto il corso della lettura, “Il banchiere” è il titolo che fa per voi.
Ringrazio Edizioni Clichy che mi ha omaggiato di questo libro. Ora non vedo l’ora di recuperare anche “Cannibali” per farmi disturbare ancora di più.
A presto,
J.
Titolo: Il banchiere
Autore: Régis Jauffret
Casa editrice: Edizioni Clichy
Numero pagine: 158
Prezzo: 17€