Qual è la giusta risposta a una violenza inaudita? Scappare? Non fare niente? Combattere?
Questi sono i quesiti che si pongono le protagoniste di “Donne che parlano” di Miriam Toews, edito Marcos y Marcos. La vicenda narrata parte da un fatto di cronaca, infatti, in una comunità mennonita boliviana, tra il 2005 e il 2009, molte donne sono state narcotizzate e stuprate dai loro parenti più prossimi: mariti, fratelli, vicini, cugini.
Le donne si svegliavano tutte doloranti e sanguinanti, ma non erano credute e si liquidavano queste strane aggressioni come punizioni per i loro peccati o come attacchi da parte del demonio. Solo dopo molti anni la verità è venuta alla luce: erano le persone più care che le violentavano quasi due volte la settimana, senza alcun scrupolo morale e/o etico. I responsabili vennero arrestati e stanno ancora scontando la loro pena.
Miriam Toews prende spunto da questa drammatica vicenda e costruisce un romanzo quanto mai necessario di questi tempi. Il romanzo si svolge in due giorni, ovvero tra il 6 e 7 giugno 2009, nella colonia di Molotschna, quando le donne devono decidere se perdonare o no i loro violentatori. Il narratore è August Epp, un uomo mennonita che fu scomunicato con la famiglia dalla comunità a causa dell’atteggiamento progressista dei genitori. August si rifugiò in Inghilterra, dove imparò a leggere e scrivere, perciò, una volta ritornato, le donne decidono di chiedere a lui di redigere i verbali delle loro decisioni al fine di lasciare una testimonianza per le future generazioni. Quello che il lettore legge sono i verbali che August ha scritto durante queste riunioni, poiché le donne sono quasi totalmente analfabete.
Le donne che si ritrovano sono di diverse generazioni e fanno parte di due famiglie: i Loewen e i Friesen.
Le vittime devono decidere cosa fare tra: non fare nulla, andarsene e combattere. August tenta di essere un narratore imparziale e di svolgere bene il suo compito, ma è alquanto inaffidabile, a causa dell’innamoramento per Ona, una delle vittime. Nei verbali sono presenti anche molte divagazioni del narratore su vari argomenti e sul suo passato. A volte, tenta di prendere la parola e di portare degli esempi, ma molte donne non lo capiscono e non lo assecondano. Solo Ona lo capisce e lo ascolta in interesse e curiosità. Le varie generazioni delle donne entrano in conflitto perché nessuno sa bene che cosa comporti andarsene nel mondo esterno, anzi, ne sono spaventate. Non sono mai uscite dalla comunità e non sanno né la lingua del paese né dove si trovano.
«Era vero? Poteva essere? Dov’è il male? Nel mondo esterno o interno? Sulla superficie calma del Mar nero o nel fiume misterioso che sotto quel mare scorre e tutto preserva, ma solo perché non c’è aria, non c’è ossigeno. Nessun movimento. Nessuna vita.»
Durante le riunioni si decide di escludere l’opzione del non fare nulla perché bisogna compiere un qualsiasi gesto per far capire che un atto di un’immane violenza è imperdonabile. Seguendo i verbali, il lettore osserva lo scontro tra gli scrupoli religiosi delle donne più tradizionaliste e le idee delle più rivoluzionarie.
«Tutto è volontà di Dio, niente è lasciato al caso, nella creazione di Dio. Ma se Dio ha creato il mondo, perché mai non dovremmo starci?».
La Toews, in questo romanzo, riesce a costruire una narrazione intensa e intimista. La scelta di un narratore uomo per raccontare una storia di violenza sulle donne è più che mai azzeccata. August, con il suo amore e la sua timidezza, è il segretario giusto per redigere i verbali perché sa cosa vuol dire essere sopraffatti ed esclusi dalla comunità.
«Perché il riferimento all’amore, il ricordo dell’amore, il ricordo dell’amore perduto, la promessa dell’amore, la fine dell’amore, l’assenza dell’amore, il bruciante, bruciante bisogno d’amore, bisogno di amare, sfocia in tutta questa violenza?».
L’autrice evidenzia bene i meccanismi della società patriarcale mennonita e del ruolo secondario delle donne che vengono viste solo come delle cuoche e delle incubatrici. L’inaffidabilità apparente di August rende bene l’indecisione tra le varie opzioni che le donne devono scegliere.
Ho avuto l’occasione di incontrare l’autrice durante la manifestazione dei Giorni Selvaggi che si svolge a Torino e propone incontri con scrittori e scrittrici durante tutto l’anno. Miriam Toews ha raccontato quanto è rimasta scossa, quando ha letto di ciò che era accaduto alle donne mennonite in Bolivia. Le ci sono voluti un paio d’anni per scrivere e rielaborare questo romanzo. È riuscita così bene nell’impresa di descrivere la comunità mennonita perché lei stessa è nata e cresciuta in una di esse.
Sono contento di aver iniziato a conoscere Miriam Toews proprio da questo libro perché riesce a far immergere nelle storie che racconta in maniera totale. Ci si sente come se si fosse un secondo stenografo della vicenda. Ve ne consiglio la lettura per due motivi: il primo perché è necessario parlare della violenza sulle donne e far qualcosa per fermarla, il secondo perché la Toews è una narratrice particolare che riserva sorprese.
A presto!
Jaro.
Titolo: Donne che parlano
Autore: Miriam Toews
Casa editrice: Marcos y Marcos
Numero pagine: 253
Prezzo: 18€